IL BASKET PESCARESE RACCONTATO DA ANTONIO DE LEONARDIS

05.03.2017

Impossibile, a Pescara, non conoscere Totò De Leonardis. Volto notissimo in città, penna celebre e anche presenza fissa al palazzetto. Ci ha fornito i suoi ricordi cestistici e abbiamo parlato della pallacanestro pescarese. Questa è l’intervista integrale, che aggiunge qualche pensiero e qualche aneddoto all’articolo presente sull’ultima fanzine (e queste novità sono colorate di rosso). Buona lettura!

Antonio, come inizia l’amore per il basket?

Ho cominciato a giocare a pallacanestro negli anni ’50: è stata la mia prima passione, conosciuta sul campetto in terra battuta della Tinozzi durante le scuole medie. All’epoca, a Pescara non esisteva nemmeno una prima squadra, perché l’Aurora si era sciolta. Negli anni della gioventù ho alternato calcio e basket: non c’erano ancora scuole o settori giovanili e i ragazzi facevano tutti così. Crescendo, la passione è aumentata sempre di più e l’innamoramento vero è scattato nel 1960, quando ho visto in televisione la nazionale americana alle Olimpiadi di Roma: fuoriclasse come Jerry West, Oscar Robertson… giocatori che ancora oggi sono tra i miti dell’NBA. Da lì in poi, ho giocato tanti anni, anche in Serie B.

Puoi raccontarci qualche aneddoto sfizioso?

Ovviamente ce ne sono tanti! Posso raccontare l’annata in cui a Pescara si ricostruì la squadra per giocare la serie D e il Prof Porretti scelse i giocatori durante alcune amichevoli. Il mio gruppo non trovò spazio in un’amichevole e allora dicemmo: “va bene, ce ne andiamo a giocare a Silvi in B”. Il campionato con Silvi fu bellissimo ed ebbi l’occasione di giocare contro il Teramo di Iwan Bisson, che poi arrivò anche in Nazionale.

Ricordo benissimo le finali studentesche al dopolavoro ferroviario, giocate davanti a tantissima gente: una vera e propria festa dello sport. Persi due finali per un punto e… ricordo nitidamente quelle sono emozioni ancora oggi! Il dopolavoro fu sempre strapieno, per quello che per noi fu praticamente un derby con i ragazzi di Roseto. Nella seconda finale praticamente decisi di auto-espellermi, se così posso dire: l’arbitro commise un grave errore, io andai a protestare e non fu lui a dovermi cacciare, fui io che me ne andai!  Un altro ricordo d’altri tempi riguarda una partita ad Atri: i giocatori delle due squadre prima spalarono la neve dal campo e solo dopo iniziarono a giocare la partita!

Poi inizia la carriera da giornalista, giusto?

Si, a venticinque anni ho smesso, iniziando a lavorare più seriamente dopo aver messo su famiglia. Da giornalista ho vissuto gli anni d’oro della rinascita della pallacanestro pescarese: si giocava al Florida la domenica mattina e le tribunette erano sempre piene, era un vero e proprio appuntamento fisso per la città! All’epoca era un’impresa trovare spazio per la pallacanestro sul giornale, per la città era una novità assoluta. La mia carriera poi è andata avanti soprattutto con il calcio e ne sono diventato un po’ ostaggio. Ho vissuto così in prima persona le cavalcate di Tom Rosati e di Galeone e il mestiere mi ha portato delle soddisfazioni anche fuori dall’ambito pescarese: ho fatto i Mondiali, ho fatto le coppe europee seguendo la Juventus e l’Atalanta, ma… mi è rimasta sempre l’impronta del giornalista che segue il Pescara e la domanda che mi perseguita da quarant’anni, quando qualcuno mi incontra, è: “allor’, ‘ssu Pescar?”. Con gli anni ho capito che non sono tenuto a controbattere all’opinione di tutti: loro me la raccontano ma io posso ascoltare e non rispondere! (risate di gusto, ndr).  Anche ora che sono in pensione, ho un mio spazio, evidentemente calcistico, sul Centro, con la rubrica che si chiama il “Baffo del Delfino”. Ho fatto anche tanta televisione tra TV6 e Rete8.

La pensione ha portato una nuova scintilla.

Ho avuto modo di innamorarmi nuovamente del basket, anche in prima persona. Dopo 40 o 45 anni di stop ho ritrovato degli amici a cui chiedere di giocare insieme, loro mi hanno accettato e io mi sono riscoperto ragazzino, ritrovando davvero l’entusiasmo di stare sul parquet. La partitella della settimana è diventata un appuntamento che mi dà soddisfazione e così mi sono avvicinato nuovamente alla pallacanestro sugli spalti. Riscoprire la passione per il basket giocato mi ha riportato anche al palazzetto: i tempi della Max Meyer e della Facar sono stati momenti molto belli, così come è stato bellissimo seguire anche sul giornale il periodo di Elio Lestini, ma poi avevo un po’ lasciato, forse perché non avevo nemmeno tempo.

Ritornare al Palaelettra in questo periodo mi ha offerto la fortuna di trovare una squadra che mi ha dato una grande spinta: da quando sono di nuovo uno spettatore non solo mi diverto, ma ho proprio riscoperto la passione vera: con l’Amatori ho l’occasione di vedere una grande partita, di una squadra che gioca, che lotta e che resta sempre attaccata al match.

Passiamo dunque ad un’impressione sulla nostra squadra.

Credo che le caratteristiche precise che ha l’Amatori siano molto merito di Giorgio Salvemini, che è l’anima di questa squadra: ha plasmato un gruppo che non finisce mai, che anche nelle difficoltà riesce a tirare fuori il carattere, il lavoro, la voglia di fare. Sono queste le caratteristiche che l’anno scorso hanno permesso di arrivare in finale a giocarsi la sfida con Montegranaro a gara5, cancellando il gap tecnico esistente tra le due squadre. L’Amatori mi regala la bellezza di andare a vivere una giornata di sport senza essere mai deluso: anche a Ortona, pur giocando male, Pescara ha trovato nuovamente le forze per provare a vincere una partita dura, addirittura senza Pepe e Di Donato. Questo perché anche nei momenti di maggiore difficoltà la squadra si sa riscoprire per quello che è, tornando sempre in gara.

Credo che questa soddisfazione non coinvolga soltanto me, visto che il palazzetto si riempie sempre di più e anche a Ortona c’erano tantissimi pescaresi a seguire la squadra. Vuol dire che c’è qualcosa di concreto, di reale, che va a premiare il lavoro di una società che è sulla breccia da tanti anni, con tantissima passione.

Credo tu abbia descritto alla perfezione l’anima dell’Amatori.

Se la riscoperta del basket pescarese mi ha davvero dato qualcosa di nuovo, rispolverando una grandissima passione, credo dipenda anche da questo carattere della squadra. In tre anni non mi hanno mai deluso. Della partita di Ortona ho già detto, ma potrei citare anche la gara contro l’attrezzatissima Bisceglie: l’Amatori ha prima perso Di Donato per infortunio, poi ha subito la rimonta e il pareggio. Due colpi che avrebbero steso molte squadre, ma non Pescara, che è ripartita e ha vinto la partita ai supplementari. Mi sembra davvero che i ragazzi diano sempre il 120%.

Conosci bene la dirigenza biancorossa. Cosa pensi della politica della società?

Il rapporto personale e l’amicizia non incide sul mio giudizio: i dirigenti stanno tirando fuori un contributo maggiore rispetto a quello che potrebbero dare. Si stanno attrezzando benissimo anche a livello giovanile, assieme a Pescara Basket. Dalle under stanno venendo fuori giocatori che potranno dare un ricambio e tener fede a quello che deve fare una squadra di questo livello: valorizzare il vivaio per aumentare le proprie ambizioni giorno dopo giorno.

Che futuro c’è per la pallacanestro pescarese?

Sono sicuro che ci possa essere un futuro roseo. Peccato che non si riesca ancora a trovare un main sponsor per affiancare sacrifici e passioni di chi sta già dentro la società. Secondo me la città sarebbe matura per un salto di qualità anche nel basket: ricordo bene che quando il Pescara calcio viveva grandi annate calcistiche, il pubblico usciva dallo stadio per entrare direttamente al palazzetto che era sempre pieno. È una passione che sta nel cuore dei pescaresi ed è un peccato non poterla vedere ad un livello maggiore: avrebbe un seguito notevole e trascinerebbe la città e la tifoseria come già accaduto. Sarebbe un ritorno al passato, molto gradito!

Con Totò, ci siamo ripromessi di incontrarci nuovamente durante i playoff.

GRAZIE ANTONIO, FORZA AMATORI!

Vincenzo De Fanis – Ufficio Stampa Amatori Basket

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