STEFANO TATONETTI, UNO SKIPPER PER L'AMATORI PESCARA

27.11.2015

Oggi conosciamo un nuovo membro dello staff Amatori: si tratta del fisioterapista Stefano Tatonetti, che in questa intervista ci racconta la sua lunga esperienza non solo nel campo sportivo (dove ha potuto lavorare con tante realtà di primissimo livello), ma anche come skipper, quella che è la sua vera professione. Buona lettura!

Ciao Steve, raccontaci innanzitutto com'è nata l'opportunità di entrare nell'Amatori Pescara e le tue prime impressioni su questo gruppo.

Innanzitutto sono contento di tornare finalmente a Pescara, dopo una vita in giro per il mondo. La possibilità è nata quest'estate: ero in barca, e Stefano Rajola (che conosco da una vita, avendomi suo padre insegnato al liceo) mi chiama facendo uno dei suoi soliti "sondaggi". Alla sua telefonata fece seguito quella di Roberto Perricci: anche con lui avevo lavorato a Chieti, e così pur avendo deciso di "ritirarmi" sono stati loro a smuovermi, e devo dire che mi sto trovando molto bene.

Quali sono state le tue principali esperienze nel mondo cestistico?

Ho cominciato a Roseto negli anni di Martinelli: ci salvammo in A2 per poi conquistare la massima serie, con Melillo allenatore ed in campo i vari Boni e Moretti. Andai via a metà stagione, e Ciccio Orsini con cui avevo instaurato una grande amicizia mi invitò a Capo D'Orlando, dov'era andato a giocare. Feci il primo anno e mezzo da turista anche perchè stavo finendo di studiare, poi ricevetti una proposta e rimasi: un'esperienza fantastica, che purtroppo si concluse bruscamente nel 2008 quando ci estromisero improvvisamente dalla Serie A. Tornai quando furono ripescati in C1 ma ormai il giocattolo si era rotto, e la mia esperienza successiva (dopo un breve trascorso a Napoli con Marcelletti, ed un mese di ritiro con l'EA7 Milano) fu Chieti: anche stavolta, tutto partì da una chiamata di Stefano Rajola mentre ero in barca, e nel club teatino sono rimasto per tre stagioni.

Nella tua carriera però non c'è stato solo il basket.

Terminata l'esperienza di Chieti, sono passato al calcio con il Torre De' Passeri. Una società molto ambiziosa che militava in Promozione, puntando a vincere il campionato: al termine del secondo anno, il sindaco uscente chiese al nostro presidente di appoggiargli la campagna elettorale, promettendogli un nuovo stadio in erba sintetica (la squadra giocava a Scafa). Una volta ri-eletto, il sindaco venne meno alle sue premesse e la società chiuse le serrande, pur avendo la possibilità di essere ripescata dopo aver perso la finale. Lo scorso anno sono inoltre stato con il Chieti Calcio, oltre ad un'esperienza con il Pescara Calcio a 5 contemporaneamente a quando ero nel Chieti Basket.

Cosa puoi dirci della famosa tennista Flavia Pennetta, avendo lavorato anche con lei?

Una bravissima ragazza, molto simpatica: con lei ho lavorato "ufficialmente" per un anno, poi la nostra è diventata soprattutto amicizia. Iniziò tutto nel 2008: l'ultimo anno di Capo D'Orlando e Pozzecco (che aveva il suo stesso sponsor), quando andammo a giocare i playoff ad Avellino. Lei venne a vedere la partita e rimase assieme alla sorella un giorno e mezzo con noi in hotel: ci conoscemmo lì, poi chiese il mio numero al Poz e preparai con lei vari tornei (Roma, Parigi, Londra e tanti altri). Siamo stati spesso in barca insieme, e quando passo da Brindisi vado spesso a salutare la sua splendida famiglia. Il trionfo allo US Open mi ha fatto grandissimo piacere: quest'anno sono arrivato "tardi" con l'Amatori proprio perchè avevo promesso di seguirla in alcuni tornei di esibizione.

Ci hai parlato spesso di andare in barca, ed infatti sei uno skipper.

E' la mia vera professione: vado in barca da quando avevo cinque anni. Lo sport invece è soprattutto una passione: ho giocato a football americano fino a due anni fa ed anche per questo mi è sempre piaciuto questo ambiente, ridere e scherzare assieme ad una squadra, e vivere le trasferte.

La tua esperienza più bella e quella più brutta in barca?

Quella brutta fu una traversata in mezzo al mare che doveva essere di nove ore e ne durò invece venticinque, legato in piedi al timone. Di belle ce ne sono tantissime, andare in barca a vela è davvero fantastico.

Tornando al basket, raccontaci l'aneddoto più divertente che hai vissuto.

Ne ricordo due in particolare. Uno riguarda Franco Marcelletti, allenatore di grande personalità che spesso si scontrava con i propri giocatori, soprattutto gli stranieri: in squadra aveva Fantozzi, con cui aveva un rapporto non sempre idilliaco. Giocavamo contro Teramo già promossa, a cui venne espulso Boni nel primo quarto, e noi avevamo un'ottima squadra con giocatori del calibro di Petruska e Robinson: nonostante questo nel primo tempo il punteggio rimase in equilibrio. Non entravo mai negli spogliatoi all'intervallo, ma quel giorno mi capitò di farlo per risolvere un problema: la squadra uscì e rimase solo Fantozzi con Marcelletti. Sento la porta chiudersi, ed il faccia a faccia tra i due: il coach lo incitava, e lui gli disse in toscano "Coach, io morirei per questa maglia". La risposta di Marcelletti fu "E allora muori, su questa panchina ora!". Non potevo farmi sentire, ma stavo morendo io dalle risate ...

L'altro?

Vincemmo la A2 a Capo D'Orlando, ma il roster messo inizialmente in piedi per la massima serie non era entusiasmante. Partiamo per il ritiro con due soli giocatori, e tanti elementi in prova non proprio fenomenali: uno di questi fu tale Chris Williams, pompato dai giornalisti come un fenomeno ma confuso con Damon Williams, americano molto forte (lui sì) passato da Biella. Coach Perdichizzi, nascosto dietro la tenda, mi chiede di accogliere questo ragazzo e parlarci: si presenta molto basso, con un fondoschiena decisamente pronunciato, la maglia del Barcellona e scarpe da calcetto. Lo provammo, ed ero forse più forte io: così alle 5 del mattino seguente sarebbero passati a prenderlo per riportarlo in America. L'albergo dove alloggiavamo però era a conduzione familiare, non c'era portineria notturna: ad un certo punto sentivo il ragazzo della società che da fuori lo chiamava in siciliano ("scinn, scinn, ca famu tardi"), e questo Williams non sapendo come uscire dall'hotel si calò dalla grondaia, dopo aver buttato il borsone sulla macchina. Una scena fantastica!

Il posto più bello che hai visitato, e consiglieresti a tutti?

La Turchia. Bellissimo popolo, bellissimi posti e mare stupendo: forse il più bello che abbia mai visto. Ed ho girato davvero parecchio, sia in Europa che fuori.

Stefano Blois - Ufficio Stampa Amatori Pescara

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